Curiosità 3

“Mia cara bambina, ti scrivo”

Il diario riappare dopo 50 anni

A Torino, in soffitta, la signora Annamaria Novello trova un quaderno scritto da una madre per la figlia. Ma mancano i nomi. Grazie al passaparola lanciato nel gruppo Facebook di Torino Piemonte Antiche Immagini, ritrova l’allora bimbetta dai capelli biondi Antonietta Baldi destinataria degli appunti, originaria di Oviglio (Alessandria), vissuta in giovane età per studiare a Torino. Oggi settantaduenne è residente in Toscana, dove a 18 anni si trasferì per studiare storia dell’arte: “Che regalo!, li cercavo da una vita, pensavo di averli persi per sempre, anche se si tratta di un semplice taccuino, tenerlo di nuovo tra le mani, sarà come riabbracciare la mia mamma dopo tanto tempo

L’articolo del 26 febbraio 2021 di Leonardo Di Paco su LA STAMPA:

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I post nel gruppo TORINO PIEMONTE Grup Antiche Immagini del 21 febbraio con la richiesta, e dei 24 già risolto.

LA STAMPA del 26 Febbraio, l’articolo è a pagina 43

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( gianni sabia . Torino Piemonte Antiche Immagini )

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“Un antico distributore di benzina futurista”

Nella periferia torinese, a lambire i piedi della collina, piu’ precisamente: in corso Mancalieri 285, angolo via Macrino D’Alba, esiste un impianto di rifornimento carburanti dalle caratteristiche particolari, tanto da divenir attrattiva per la sua semplice bellezza, per il suo originale decoro.
Un autentica opera avvenieristica (quella fu al tempo della sua creazione) che a tutt’oggi vale la pena visitare, se non per andare a rifornir di carburante il proprio automezzo, per lo meno per “appagarsi” con una curiosa visione. 
Progettato nel lontano 1936, dall’ingegner Carlo Agular (consono nell’edificar siffatte opere), raffigura un aereo con ampie ali in cemento armato utilizzate come pensiline protese verso il fiume Po.
La struttura e’ tutelata in quanto «manufatto di servizio di valore documentario, singolare esempio di architettura d’estrazione futurista applicata in funzione di “segnale” urbano». E fa parte al marchio carburanti “Total-Erg”.
Costruita per render omaggio alla “Belle epoque” degli idrovolanti nostrani, (che in quegli anni spiccavano il volo dall’idroscalo posto sul fiume Po, tra ponte Umberto I e ponte Isabella), inizialmente sovrastava una pesa pubblica, successivamente convertita in pompa di benzina.
Dapprima marchio Aquila, poi Shell, Total, ed in ultimo Total-Erg.


Nessuna descrizione della foto disponibile.

(Fotografia di Andrea Crosetti)

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Il bandito e il Campione di Novi Ligure

Sante Pollastri, famigerato bandito pluriomicida, nato nel 1899 a Novi Ligure, famoso per le sue rapine e scorribande avvenute negli anni 1915-30.
Costante Girardengo, anch’egli di Novi Ligure, classe 1892, campionissimo del ciclismo epico di quei tempi, quando il solo strumento di locomozione meccanica eran le biciclette, e quella disciplina agonistica faceva da principale evento sportivo in assoluto.  
Ad accomunare i due “arcinoti” personaggi, oltre al luogo di nascita, il periodo storico, ed alla bicicletta, fu la leggenda.
La bicicletta, in quanto mezzo di spostamento per le malefatte compiute dal primo, cosi come per le vittorie agonistiche del secondo. 
La leggenda li consacrera’ entrambi.
Due vite, due storie parallele, che proprio quella leggenda vorra’ unire in un’amicizia che in verita’ non ci fu; e di un tradimento (da parte di Girardengo) ai danni di Sante. Che nella realta’ non ci fu nemmeno quello.   
Tanto da finire sui rotocalchi, nei libri, nei racconti, nei film, e nei versi d’una nota canzone “Il bandito e il campione”.
La realta’ e’ che Sante il bandito, assai piu’ giovane del campione di ciclismo, (6 anni in meno) di quest’ultimo suo concittadino ne ammirava le eroiche imprese sportive.(Inprobabile l’amicizia…Quando Girardengo aveva 20 anni Sante ne aveva 14). 
Non appena Sante divenne noto per le famigerate malefatte, Girardengo sicuramente ne conobbe le “gesta”. 
Probabilmente il destino dei due li avra’ anche fatti incontrare in piu’ d’una occasione. Daltronde le kermesse pubbliche del campione ne offrivano ghiotte opportunita’ a qualsiasi tifoso.
Così accadde quando Pollastri il bandito venne arrestato.
Il 10 agosto del 1927, Sante fu catturato nella metropolitana parigina, ad opera della Gendarmeria francese. 
La localizzazione avvenne per via di una soffiata pervenuta alla polizia.
Ben non e’ chiaro se da parte di una ballerina, del suo luogotenente Poetta, o (qui l’erronea leggenda vuole) del “suo amico Girardengo”.
Quel che certo e’ che cio’ successe durante una sei-giorni ciclistica tenutasi nel velodromo di Parigi, dove appunto Girardengo stava partecipando e dove Sante Pollastri si era segretamente recato per ammirare le imprese del suo idolo concittadino.

Dopo aver ricevuto come pena l’ergastolo, da scontare presso il carcere  sull’isola di Santo Stefano. Trascorsi 32 anni dietro le sbarre, Sante, nel 1959 venne graziato, dall’allora Presidente della Repubblica, Gronchi.
Tornato nella propria Novi Ligure, egli visse i rimanenti 20 anni commerciando stoffe come ambulante, fino a morire nel 1979, divenuto ottantenne.
Costante Girardengo termino’ la carriera agonistica nel 1936, consacrando un palmares di vittorie: 4 Seigiorni su pista; 2 Giri d’Italia; 6 Milano-Sanremo; 3 Giri di Lombardia; ; 4 Milano-Torino; nel 1913 vinse la gran fondo “La Seicento” di 610 km. percorsi in 22h. 40m…Si provi ad immaginare sulle strade e con le bici di allora.
Nel 1937 divenne commissario tecnico della nazionale ciclistica.
Durante gli anni a venire diede il proprio nome ad una marca di biciclette e di moto. Fino a spegnersi nel 1978, all’eta di 86 anni.

(Fotografie prese da: http://losportsecondogrimaus.blogspot.com/)

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La leggenda dell’astuzia di Gagliaudo

La maschera carnevalesca di Alessandria personifica Gagliaudo Aulari, personaggio divenuto famoso per…..Torniamo indietro di 850 anni..
La citta’ di Alessandria, posta alla confluenza del fiume Bormida e del Tanaro, venne fondata nella seconda metà del XII secolo, con il nome di Civitas Nova, sopra una piccola urbe già esistente, formata dall’antico borgo di Rovereto. 
In quel periodo le popolazioni del posto, aiutate dai comuni della Lega Lombarda, contrastavano il marchesato del Monferrato, alleato di Barbarossa.
La citta’, fondata nel 1168, prese il nome da Papa Alessandro III, che, avendo scomunicato Federico Barbarossa, appoggiava i moti rivoltosi della Lega. 
La leggenda nasce durante il lungo assedio del 1174 compito da Barbarossa, ai danni degli Alessandrini.
Circondata da mura fatte in pietra e case con tetti di paglia, Alessandria, stremata dalla fame, si difendeva dalle guarnite truppe assedianti. 
Tutti i giorni Barbarossa saliva sul colle San Salvatore, per verificare la lenta stregua degli alessandrini destinati ad una agoniosa morte.
Di pari, quotidianamente, un suonatore alessandrino, si avvicinava alle mura a diffonder musica, con essa a rinfrancar l’umore dei propri compaesani e nel contempo, il diffonder della melodia rendeva gli assedianti malinconici della propria lontana dimora.
Un contadino del borgo, tal Gagliaudo Aulari, aveva una mucca così denutrita da far spavento, non potendola far pascolare per via dell’assedio, egli si doleva assieme alla sua bestia.
Tanto che, osservando da su le mura i cavalli del nemico scorazzare sollazzi e liberi si diede adito per escorgitar qualcosa..
Nel frattempo, i “capoccia” (consiglieri, abate..) alessandrini, riuniti e consapevoli dell’imminente disfatta dovuta alla fame, stavan per decicede la resa, ovvero di consegnare quindi la citta’ a Barbarossa..Ed fu proprio in quel momento che Gagliaudo bussò alla porta di dove questi eran riuniti, con cappello in mano e mucca scarnita al suo fianco. – Cosa vuoi Gagliaudo? Cerchi elemosina?-
Chiesero i “capoccia” con tono dimesso ma sprezzante
– No, son qui per proporre un idea ai danni del nemico –
Rispose il contadino.
E fu così che avendo più nulla da perdere gli fu dato ascolto. Il poco grano rimasto per la cittadina venne dato tutto in pasto a mucca e Gagliaudo, tanto da satollarli a dovere. 
Dopo di che, la mucca fu spinta fuori dalle mura inseguita dal contadino che le inveiva di tornar a finir di mangiar la biada.
Lo stupore del Barbarossa e la sua truppa fu enorme, quando, dalle parole di Gagliaudo, credette che ad Alessandria c’era ancora così tanto cibo da satollar persino gli animali. Fu così che la truppa, ormai affamata e stanca, protesto’ costringendo Federico a cessar l’oppressione per ripiegar al ritiro.
Tutt’oggi, in piazza del Duomo, oltre a due sculture immortalanti l’evento, vi e’ un’iscrizione di Umberto Eco che recita così:
“A Gagliaudo Aulari, che ci ha insegnato come si possa risolvere un conflitto senza uccidere alcun essere umano. Se il mondo lo ha dimenticato, ricordiamolo noi”.

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I Gianduiotti vestono d’oro

Quando agli inizi del 1800 Napoleone blocco’ l’esportazione del cacao in Piemonte, di rimando le cioccolaterie nostrane, per continuare a produrre dovettero ovviare utilizzando come surrogato, nocciole locali.
Nel 1832, La neonata Caffarel, (fondata da Prochet e Caffarel) adopero’ per la produzione di cioccolata, anziche cacao, le nocciole che, allora come oggi, abbondavano nella zona delle Langhe (nocciole tonde e gentili).
Il risultato fu un impasto cremoso e chiaro chiamato “Givu” (bocconcino), divenuto famoso durante la presentazione nel carnevale del 1865, quando venne distribuito al pubblico dalla maschera di Gianduia. 
Un cioccolatino nato in una citta’ regale quale Torino non poteva che vestire in oro, e per vestire in oro non poteva che assumere la forma di un prezioso lingotto..Che poi fa rima anche con Giandujotto.

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(immagine storica presa da: www.somewhere.it )

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Il villaggio sopra gli alberi

In Piemonte, più precisamente (quasi) in una zona nei monti Pelati (riserva naturale in Valchiusella, nei pressi di Baldissero, Castellamonte) esiste un villaggio di case costruite sugli alberi.
Il luogo preciso viene mantenuto segreto per questione di privacy, in quanto è abitato da diverse famiglie che per scelta hanno deciso di isolarsi tra il verde dei nostri monti, allontanandosi dal frenetico caos della quotidianità cittadina corroborata dal consumismo.
Ovviamente la lontanza dalla modernità non li priva di tecnologie quali Cellulari, Tv, Internet comunque presenti.
Dal 2002 hanno incominciato a costruire tra i fusti degli alberi, ad una manciata di metri d’altezza, dei veri e propri mini chalet in legno. Casette ben architettate, costruite con moderne tecniche di bioedilizia.
Si tratta del primo villaggio arboricolo d’Italia, dove, fino a qualche anno fa vi vivevano 13 adulti, ma altre persone si stavano aggiungendo.
Non esistono strade, né asfalto, le casette sono tra loro comunicanti da passerelle, ponti in legno e nel sottobosco si dipanano sentieri.
La curiosità spinge a domandarsi chi vi possa abitare, la risposta è nota:
biologi, ricercatori, impiegati e comunissimi individui che hanno scelto di abbandonare il caos della città per condurre un’esistenza a contatto con la natura. Ognuno di loro quotidianamente esce dal villaggio per recarsi al lavoro, per poi fare rientro in quel piccolo mondo disperso nel verde.
E così come nei villaggi comuni suonano le campane, in questo piccolo paradiso ogni giorno, per l’ora di pranzo viene suonata una conchiglia a far da richiamo per il raduno collettivo tra vettovaglie profumi selvatici e fasci di luce a filtrare tra il verde.

Un ottimo reportage, correlato da immagini reali lo si trova nel sito: http: www.storiecredibili.it

(fotografie prese da: ambientebi.it; nonsprecare.it; mondoaeroporto.it; luoghidavedere.it)

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