Siamo nel 1982, siamo in estate, in Luglio di un lunedì. Il giorno prima l’Italia ha disputato la finalissima dei mondiali di calcio contro la Germania, quella che passerà alla storia per l’urlo di Tardelli, e a Torino i Rolling Stones si esibiscono in un megaconcerto da record.
Magia Rock e folla si mescolano in un atmosfera irripetibile.
Lo stadio “Comunale” traborda di persone, fans impazziti per le pietre rotolanti al top.
Mick Jagger indossa la maglia di Pablito Rossi.
In un’intervista rilasciata qualche ora prima a Gianni Minà, il front man dei Rolling, motiva il fatto per il quale il suo gruppo in Italia si sarebbe esibito in sole due città: Torino e Napoli.
Nei filmati “ciak” nel sito, di quell’intervista ne mostriamo uno stralcio.
Qua ve ne scriviamo il motivo…Le pietre rullanti scelsero Torino, in quanto fu prima capitale d’Italia e Napoli poiché fu la capitale del regno delle due Sicilie.
Fotografia presa dal quotidiano “La Stampa” https://www.lastampa.it/torino/2018/02/28/news/luglio-1982-la-grande-magia-dei-rolling-stones-allo-stadio-comunale-1.33985749
Di seguito riportiamo l’intero articolo:
Luglio 1982, la grande magia dei Rolling Stones allo Stadio Comunale
La Nazionale di calcio aveva vinto il giorno prima i Campionati del Mondo in Spagna: ed era stato il terzino Claudio Gentile a lanciare sul palco la seconda delle due date torinesi
Chi scrive, non dovrebbe mai mettersi in prima persona. Ma in questo caso mi prendo una licenza. Perché io, quel giorno, c’ero. E, 35 anni dopo, ricordo ancora a memoria la data del grande evento, anche perché 24 ore prima la Nazionale aveva vinto in Spagna i Campionati del Mondo di calcio battendo in finale la Germania per 3-1.
AL COMUNALE

Stadio Comunale, tardo pomeriggio di lunedì 12 luglio 1982. La seconda data del concerto dei Rolling Stones a Torino. Una cosa quasi da fantascienza, per chi allora aveva poco più di vent’anni. Anche perché lo spettacolo era stato presentato dal terzino azzurro Claudio Gentile che, sul palco, aveva detto, davanti a 25 mila persone: «Signori e signore, volevo presentarvi, qui a Torino, i Rolling Stones». Le prime tre canzoni: «Under My Thumb», «When The Whip Comes Down» e «Let’s Spend The Night Together».
Una sera in cui il caldo era maledetto, insopportabile. E faceva specie che tutti impazzissero per quella che già allora era una banda piuttosto attempata. Si sa, il rock è una cosa da giovani, specie per chi la suona. Allora Mick Jagger e Keith Richard avevano quarant’anni…E un terzo abbondante di secolo dopo sono sempre gli stessi, in sala d’incisione come negli spettacoli dal vivo. Anche se gli ottanta, per loro, non sono poi così lontani…

LE CRONACHE DEL NOSTRO QUOTIDIANO
Il titolo della Stampa del 13 luglio 1982: «Un’altra giornata di musica e folla Rolling Stones». Il testo dell’articolo: «Rolling Stones, atto secondo: un altro pellegrinaggio ai piedi del mito, un altro momento magico per migliaia di giovani dai 15 ai 40 anni che potranno dire, domani, un “c’ero anch’io” d’orgoglio e d’euforia. Un’altra spruzzata di polvere di stelle su occhi sgranati, mani levate, teste e fianchi dondolanti al ritmo d’una allegria che è canto di pace, dolcezza, sberleffo». Se alla prima data erano presenti in 60 mila, il giorno seguente si era toccata quota 25 mila. «Allegria da piangere, nostalgia da ridere sotto il palco ciclamino e fin laggiù, sull’ultima gradinata e nella curva più lontana la gente è più rada e l’erba più buia. E luci: raffiche a sciabolate, a frugare nel sogno-realtà che si srotola sul palcoscenico. Loro, i Rolling, facce scavate e corpi magri, tirano fuori dalle radici dei loro nervi tesi l’urlo che scatena, la frase che sa accendere la scintilla di un “come eravamo” e dare, nello stesso tempo, la certezza che in questa briciola di passato vive, comunque, la gioia d’un presente ancora giovane e d’un futuro ancora vivo».
La gente, la pazza gente dai mille colori era lì per attingere gioia a una fontana che ormai da vent’anni buttava l’acqua del miracolo. In migliaia erano ripartiti nella notte, dopo il concerto, coccolandosi in cuore la convinzione d’aver rubato alla Storia un attimo del suo spettacolo e del suo divenire.

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