La figura dei boia, a Torino così come ovunque, era malvista dalla gente comune, e muoversi nella quotidianità sotto gli sguardi di chi ti vuol male non doveva esser facile.
Per questo motivo, oltre ai guadagni proficui, sovente i boia si trovavano a vivere isolati.
Questo mestiere, tanto macabro quanto utile per la giustizia di allora, solitamente veniva tramandato di padre in figlio.
A partire dal 1500 in “via dei Fornelletti” (via Franco Bonelli 2), piccola viuzza dislocata nell’attuale quadrilatero romano, andò a risiedere il boia urbano.
Tale era l’astio nei confronti del “taglia teste”, che questi, in città aveva un banco isolato e personale all’interno della Chiesa di Sant’Agostino.
A controbilanciare il tutto, la sua figura, oltre ad essere ben retribuita, riceveva diversi taciti privilegi da parte delle autorità di allora.
Nel 1575 esisteva un tariffario di retribuzione:
Impiccagione: 21 lire
Rogo eretici o streghe: 16 lire
Squartamento: 36 lire
Oltre al fatto di render giustizia, le esecuzioni facevano da forte richiamo alla massa, che accorreva incuriosita ad assistere.
Vi era una processione dove il condannato “sfilava”, partendo da via San Domenico 13, dove vi era il carcere “Le Sanatorie”, quindi percorreva via Dora Grossa (attuale via Garibaldi) fino a raggiungere il luogo del patibolo.
Durante la cerimonia il condannato faceva una, due soste nelle chiese, per ricevere la benedizione.
Nel corso della storia i capestri vennero collocati in luoghi differenti della città:
nel periodo più remoto: presso la Porta Palatina; successivamente venne spostato presso la piazzetta delle Erbe (piazza Palazzo di Città), in ultimo al Rondo’ della Forca (corso Regina, angolo corso Principe Eugenio, via Cigna). Durante l’occupazione francese la ghigliottina sostituì la forca, e le esecuzioni furono spostate in Piazza Carlina. ( Piazza Carlo Emanuele II )
I giustiziati venivano sepolti nel cimitero in via San Pietro in Vincoli.
L’ultimo boia di Torino si chiamava Piero Pantoni, del quale dinastia, di boia ne contava diversi. Uno di questi, Nicodemo Pantoni, nel XVIII secolo operò in città al servizio dei francesi.
Facendo visita alla Chiesa della Misericordia, in via Barbaroux, si trovano alcuni reperti dell’epoca, tra i quali: un registro con i nomi dei giustiziati ed il cappuccio dei condannati.

( Immagine della Chiesa di Sant’Agostino presa da: comune.torino.it , immagine del boia presa da Youtube )
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