Son li che staziono al posteggio Taxi in piazza Vittorio (“Vitto” per i fanciulli), sotto un acquazzone primaverile, quando arriva un ragazzetto sui 16-17 anni, sano, robusto, in auge.
Salito sul mezzo domanda d’essere accompagnato in via Po angolo via Bogino .
Devo percorrere tre-quattrocento metri di strada, con portici in entrambi i lati a far da riparo per la pioggia, non c’è scuola e dai modi il ragazzo non pare avere una gran fretta. Si siede dietro a smanettare sullo smarth-phone.
-La conosci la storia dei portici di via Po? –
Gli domando
– No –
Risponde il fanciullo.
Dallo specchietto lo intravedo, chino a fissare l’aggeggio “infernale” che tiene tra le mani.
Il secondo semaforo e’ rosso, mi fermo. Di fianco un vecchio tram soffia la chiusura delle porte, intanto che pioggia battente riga il tutto. Pare un dipinto. La città.
Dico:
– Nel 1819, Re Vittorio Emanuele I fece costruire dei terrazzi di collegamento su questa fila di portici, per permettere, durante le giornate di pioggia, alla regina e ai nobili di poter passeggiare senza bagnarsi. Storia vera. –
– Che fessi!! Gli sarebbe costato assai di meno un ombrello. –
Risponde il ragazzino, rialzando la testa dallo smart.
Sorride.
Anch’io.
Siamo arrivati all’incrocio con via Bogino e continua a venir giù acqua.
Da qui a poco mi andrò a procurare uno di quegli aggeggi infernali.
